martedì 21 maggio 2013

Il grande libro


Antonio Verri dietro un vetro
ritratto da Fernando Bevilacqua in un viraggio in blu dell'originale in b&n

Dovrei ricominciare a dire di Pico, dovrei ricominciare in tutto quel bosco, dovrei ricominciare con la locanda, lo squalo, la nave, la città, le radici di giglio, dovrei ricominciare, dovrei ricominciare… Invece no. No. Cedo a Sally. Io in una notte, a Zurigo, ho soffiato una nave. Sally ha la vitalità di un arciere. E' una proiezione. Ha possibilità di scelta...Inutile stare a curare crescita, verticalità, suoni, passetti verso la lingua nuova. Bisogna far presto. Un mese in una sala da bagno può bastare. In questo giugno novantuno vorrei chiedere a Sally di divorare quella parte che in me s'è lacerata…
Sally sapeva di poter intrigare liberamente. Suo padre, il Vasaio, le aveva sempre parlato per magia, di avventure, delle cose meravigliose che aveva visto. Le sue rughe raccontavano. Verso i limiti del mondo. Incredibilmente. Forse questi prodotti verbacei, queste bosse grasse, sanguinolenti, lì lì per corrompersi, forse non erano altro che i pensieri e le sconnessioni di chi occasionalmente scendeva ad usare la sala da bagno, forse erano le ombre della non più salda perfezione, della bellezza così veramente difficile… Un grosso Libro brillava vicino alla guardiola del custode. Terre lontanissime, oggetti, l'opera che finalmente suonava, miliardi e miliardi di microscopiche vescichette giallo magenta, sospensioni nel Gran Moto Irregolare, caducità.
Chi poteva aver avuto l'idea di redigere su quel grosso librone, scampato a chissà quale distruzione di vecchia tipografia, tutto quel materiale, tutte quelle parole, tutti quei prodotti, tanti idiomi, che potevano benissimo essere una mappa meravigliosa del mondo, l'architettura segreta della vita? Il custode? No, di certo. Oppure. Forse. Sconcertava la vitalità in questi prodotti, la pretestuosità, l'occasionalità, il solitario impulso da cui certo venivano, forse la facilità di svelamento di un fatto, di un concetto, di una scena. Nulla di più assurdo, infatti, del rivelare, anche se nella luce artificiale di questa sala da bagno, le dissolutezze, le evasioni, la corsa verso il niente di un prodotto verbaceo o di un prodotto fecale, uniti spesso per via etimologica, per urto di radici, ma anche per esuberanza originaria, per flusso di rapporti sconosciuti. Sally rivedeva il Vasaio, suo padre, mentre continuava ad accarezzarsi la mano. L'opera cresceva. Solitaria. Sui lindi polsini della mia camicia. Allo sbriciolarsi, al marcire, all'infiacchirsi, stavo per opporre una sonorità regolata, una graduale perdita del senso delle cose.
(Antonio L. Verri, La salle de bain)

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