Incontro con l'uomo del fuoco
di Maurizio Nocera
Probabilmente fu durante gli anni ‘80 che avvenne il primo incontro tra Antonio L. Verri – «diletto figlio dalle mani d’oro», diceva mamma Filumena – e Giovanni Giancane, l’artista agricoltore di Monteroni, noto per la costruzione dei gioielli dell’alchimia raku (preziosissime ceramiche, cammei d’argilla, “pietre” luminose, il cui risultato si ottiene grazie ad una laboriosa ricerca di laboratorio. Raku – è parola giapponese del 1500 e proviene dal cognome del creatore della tecnica – che letteralmente significa «gioire il giorno», vivere cioè in armonia con l’umanità e la natura, come accadeva al tempo degli antichi samurai).
Giancane è conosciuto anche per la sua capacità di dominare le fiamme. Per questo molti lo chiamano «l’Uomo del fuoco del Salento». Qualche anno fa il regista Piero Cannizzaro gli ha dedicato un interessantissimo cortometraggio ancora oggi mandato in onda dal programma Geo e Geo di Rai3.
Ma torniamo all’incontro tra i due, il cui tramite sicuramente fu il comune amico Antonio Toma, purtroppo scomparso recentemente, e meglio conosciuto a Lecce come “il già costruttore di grandi palazzi” che, a quell’epoca viveva, quasi come un principe del verde, in un bosco di pini e di acacie sulla strada che da Lecce porta ad Arnesano.
Il percorso che io e Verri facevamo per raggiungere Monteroni era quello di sempre. Anche quella in fondo era la nostra strada del cuore, quella infiorata di margheritoni gialli e di papaveri rossi; la strada avvolta dai profumi dei caprifichi e dell’odore acre del miglio stompato. Era, insomma, quella strada da millenni calpestata dai piedi dei nostri padri messapi, appena appena battuta da quelli, leggeri come le piume, delle nostre madri curve sulla storia. Era la via Malemnia, quella che Badisco, cioè dal centro del nostro sud del sud del mondo, sale su verso l’indefinito, verso l’ignoto, verso quello che per tutti noi terragni salentini appare essere l’oscurità del nord. I nord del mondo, anch’essi belli e affascinanti, a noi del sud appaiono sempre indecifrabili, spesso misteriosi. Anche per questo gli amiamo. E il Verri era grande amatore di certi nord che amorevolmente lo accoglievano. Penso a Yverdon, sulle Alpi svizzere.
Non posso scrivere che quel giorno che andammo da Giancane non fosse radioso. Perché lo era. Qualcuno ricorda che forse era primavera, il tempo che dischiude gli amori: quelli delle piante, quelli degli uomini e delle donne. Partimmo da Caprarica di Lecce che era ancora mattino: né troppo presto né troppo tardi; giusto quel tempo in cui, al Verri, appena dopo aver bevuto il suo secondo caffè della giornata, quello di mamma Filumena, e dopo essersi seduto al posto di comando nella un po’ tanto sgangherata FiatUno, alla cui guida c’era chi qui scrive, cominciasse a fumare una delle sue solite “Ms blu”. Fumava e faceva progetti. Era il tempo in cui andava pensando alla sua leggendaria città di Guisnes. Un giorno se l’immaginava lagunare, un altro collinare, un altro ancora sprofondata in una foresta. Alla fine però il suo modello preferito ritornava a essere Gardigliano di Sopra, il villaggio agricolo al centro del Basso Salento, a quel tempo abbandonato ai latrati dei cani e agli amplessi nascosti di soldati in libera uscita con fidanzatine speranzose di ammogliarsi oppure con languide mogli pur sempre insoddisfatte dei magli rattrappiti di mariti frustrati dagli anni.
A Cavallino, al centro dell’antica Sybar messapica, ci fermavamo presso il busto bronzeo del duchino Sigismondo Castromediano. A lui, Antonio L. Verri faceva una particolarissima raccomandazione: cercare di stare un po’ più con gli occhi aperti – ciò non doveva proprio costargli troppo, in quanto erano di bronzo – e quindi tutelare sulla nostra povera storia di messapi senza avvenire.
A Lecce, invece, ci fermavamo appena qualche minuto, alla Biblioteca provinciale “Nicola Bernardini”, giusto quel tanto per consegnare al buon “vecchio” bibliotecario, Enzo Panareo, le prime bozze del suo libro che, successivamente, avrebbe visto la luce col titolo Anni estivi, edito dal Centro culturale “Pensionante de’ Saraceni”.
Partendo da Lecce, per raggiungere Monteroni attraversavamo l’area archeologica dell’antica Rudiae, altra roccaforte messapica, che aveva visto dare i natali a Quinto Ennio, il primo dei nostri grandi poeti latini.
Dalla provinciale che da Lecce porta ad Arnesano sono molte le viuzze rudiane che s’immergono dirigendosi nell’ubertosa Valle della Cupa, una valle questa più ideale che reale, perché il Salento non ha montagne. Tutto al più ha dei rilievi alti appena una decina di metri sul livello del mare. Però la terra di questa Valle è molto buona, profonda, altamente coltivabile, quasi sempre umida, che dà molti frutti e molti altri prodotti agricoli durante il corso dell’intero anno. Comunque, com’è come non è, per raggiungere la nostra meta, sterzavamo in una di queste stradine, ancora oggi caratterizzate dalla tortuosità dei calpestii messapi.
E qui lo scenario era sempre più meraviglioso per Verri: amava i muretti a secco, in questi luoghi mai troppo alti; e le grandi masserie abbandonate ma ancora avvolte dal fascino di streghe baciate dalla luna piena; e le barocche ville signorili, un tempo abitate, qualcuna ancora oggi per la verità, dai potenti della Lecce aristocratica; e le pajare a cono tronco, pulite ed erette al centro di campi coltivati a vigneto con spalliera; e le rare specchie basse, anch’esse pulitissime, opera di laboriosi contadini, spesso anziani; infine, i cumuli ricoperti di innocenti erbe selvatiche ma che nascondevano i tesori omerici di questi luoghi, le rovine della città fondata dagli elleni di Rodi. Guardandoli, Antonio esclamava, più rivolto a se stesso che al solito chauffeur: «Ma che Cristo fanno i nostri professori archeologi dell’università del Salento? Se ne vanno a scavare rovine in Estremo Oriente lasciando qui tutto ancora sepolto. Ma questa non sarebbe forse un’altra delle occasioni di sviluppo per la nostra terra?».
Non c’erano risposte a queste affermazioni, anche perché chi ascoltava non ne sapeva dare.