sabato 30 novembre 2013

A Vignacastrisi Maledetti Poeti


L’officina d’arte di via S. Francesco in collaborazione con il consorzio autori del mediterraneo, l’associazione culturale parabola a sud e l’assessorato alla cultura del comune di Ortelle, presenta: “MALEDETTI POETI” gli autori, rassegna autunnale di poesia, teatro e musica.
(nel ventennale della morte del poeta salentino Antonio L. Verri)
Introduce e coordina Salvatore Nicolì
gli autori MATTEO URSO, ENRICO MOLLE, ANNAMARIA GIORGIANI, GIOVANNI SANTESE, MARCELLO BUTTAZZO, TINA RIZZO, ROBERTO MOLLE, AGOSTINO CASCIARO, PINA PETRACCA, VITO ANTONIO CONTE, SERGIO MANCARELLA, MATTEO CONTE, SIMONE BACCARO, MAURO MARINO, ANNAMARIA MANGIA, GIUSEPPE GRECO.
interventi FERNANDO BEVILACQUA, DANIELA PAIANO, PASQUALE BONO, TIZIANA BOCCADAMO. Suoni MINO GIAGNOTTI, VALENTINA MAZZOTTA
L'appuntamento oggi, sabato 30 novembre 2013 – ore 20,00 nei locali della Biblioteca comunale, via Asilo Infantile a Vignacastrisi

venerdì 22 novembre 2013

Verri nel libro di Simone Giorgino

 
di Alessandra Peluso 
(da Affari Italiani 28 agosto 2013)
 
Dopo una lunga attesa è stata data alla luce un'importante opera dedicata ad un poeta salentino, Antonio Verri, una variegata personalità di sentimento e passione, una mente singolare.
Simone Giorgino con “Antonio L. Verri. Il mondo dentro un libro” merita un plauso per il considerevole lavoro di ricerca attuato non solo sulla biografia di questa grande figura scomparsa tristemente prima di veder luce e considerazione sulla sua vasta produzione poetica e prosaica, ma anche perché offre in modo esaustivo il mondo verriano dentro un libro.
Antonio Verri - racconta Giorgino - è un autore sedotto dalla neoavanguardia e dal post-modernismo, attento alle più ardite sperimentazioni linguistiche da Gadda, a D'Arrigo sino a Joyce e Queneau ma anche radicato alle radici salentine cercando di recuperare e valorizzare la cultura salentina nei confronti di quella europea. Molti sono i versi dedicati all'amico Vittorio Bodini e a Carmelo Bene, convinto della genuinità della poesia e contrario ad ogni forma di perbenismo, di ostentata cultura, si dimostra un poeta che ha una decisa funzione sociale. «Il poeta ha sempre di più responsabilità e problemi di linguaggio, di stile, di aderenza a una realtà abbastanza complessa, di tensione, di rivolta». (p. 53).
È  l'uomo in rivolta - come direbbe Camus -   che tenta di fornire una soluzione al problema della rivolta nella storia e di riabilitarla come «valore fondatore d’umanità», contro le sue deviazioni, aprendo la strada ad un’etica della misura oltre l’idealismo morale e il realismo cinico. 
“Antonio L. Verri. Il mondo dentro un libro” trabocca di un'umana passione propria di Verri e ne fa assaporare tutta la sua veemenza e integrità intellettuale nei riguardi dell'uomo, della società del tempo. Attivo e impegnato Antonio Verri ricerca la propria verità convinto che ognuno debba seguire l'autenticità dell'essere salentino integrato in un mondo europeo e in un'epoca della globalizzazione che stava alla fine degli anni novanta emettendo i primi vagiti.
Viaggiatore non solo esistenziale intende portare a compimento il suo sogno: scrivere il mondo dentro un libro, non è dato saperlo se questo avverrà, o meglio occorre leggere la storia per aver quanto meno la possibilità di esprimere un giudizio.
L'autore presenta un patrimonio culturale per nulla indifferente, delicato e attento a riportare le molteplici pubblicazioni di Verri, molte delle quali sparse e frammentate presso piccole case editrici del nord, come anche le riviste. Eh sì, perché spesso capita di non comprendere i tesori e di gettarli via dalla finestra per essere poi raccolti da chi di passaggio ne coglie la bellezza e il valore.
È un poeta, uno scrittore, un pubblicista, un uomo che non si può dimenticare Antonio Verri - originario di Caprarica di Lecce - d'animo generoso come pochi, sensibile, straripante di entusiasmo, dalla capacità straordinaria di coinvolgere inevitabilmente chi lo conosceva oltre agli amici più cari. La poesia si legge nel “Il pane sotto la neve” (che non è fuoco minore come pure ho scritto) la si lascia per i brutti tonfi, per le dolcezze, per le disperazioni, per gli incanti. (p. 70). Come un grosso tonfo lo procura la pubblicazione nel 1987 de La Betissa. Saga composita dell'uomo dei curli e di una grossa signora: una storia geniale in versi liberi e irregolari ambientata sul promontorio di Castro - come del resto tutte le sue narrazioni -  che come scrive Simone Giorgino rivela una critica aspra contro una società massificata e mercificata.
Ma il poeta Antonio Verri è anche l'uomo del conflitto, l'uomo che cerca se stesso, la propria identità, ed è lo stesso “conflitto” che lo condurrà ad una probabile delusione nel comporre “Declaro. Il mondo dentro un libro”: un progetto sedimentato che fuoriesce come magma incandescente.
Per comprendere la grandezza di Verri è necessario leggerlo e accostarsi da vicino al suo pensiero, alla vasta mole di versi liberi, sciolti da ogni artificio e faziosità, liberi di essere espressione di se stesso, liberi da catene e padroni, perché il poeta non amava vincoli né compromessi. Ha tentato di    insegnare la passione verso la poesia e la cultura, amando intellettuali impegnati che detestavano  i “borghesucci” e coinvolgendo i giovani in un impegno sociale per un cambiamento. Non è dato saperlo in realtà se ci fosse riuscito, ma possiamo dire ora quanto Verri sia prestigioso come uomo e come poeta, scrittore, e autorevole sia per i salentini che per gli italiani, e questo è possibile soprattutto per il lavoro effettuato da intellettuali come Simone Giorgino.    

domenica 10 novembre 2013

Bonea, Verri e gli amici di Verri


di Gigi Montonato

Concepito nel 2003, per celebrare il decimo anniversario della morte di Antonio Verri, l’opuscolo di Ennio Bonea, “Antonio Verri, l’uomo-rivista”, vide la luce nella mia collana “I quaderni del Brogliaccio”, al n. 2 - Marzo 2004. Ignoro se Bonea avesse tentato prima di pubblicarlo altrove, senza riuscirvi. Lo propose a me ed io glielo pubblicai. Il titolo fu suo, peraltro ripreso da Toni Maraini (sorella di Dacia), che così aveva definito Verri.
Ho letto delle cose di Verri e su Verri post eius mortem, ma mai mi è capitato d’imbattermi in una citazione di quell’opuscolo. Dal che ho dedotto che quel lavoro non piacque agli amici e agli estimatori di Verri.
Le ragioni probabilmente si perdono nel groviglio di rapporti obliqui nel mondo degli intellettuali salentini. Bonea aveva i suoi amici e i suoi devoti, ma aveva anche i suoi detrattori. Come tutti, del resto. Antipatie e simpatie riemersero, ancora una volta, qualche anno fa nel corso di una celebrazione alla Biblioteca Caracciolo a Lecce da parte di Carlo Alberto Augieri, quando Valli rivendicò la superiorità della scuola filologica di Marti contrapponendola a quella dalla quale era disceso Bonea. Augieri e Giancarlo Vallone ne presero le difese.
Personalmente ho conosciuto Antonio Verri una sera di non ricordo bene né giorno né mese del 1985 a Galatone, dove, promotore Vittorio Zacchino, fu presentato il libro di Verri “Il fabbricante di armonia, Antonio Galateo”. Prima non ci si era mai incontrati, ma lui diede ad intendere che mi conosceva, chiamandomi per nome, e mi salutò con tanto calore e tanta cordialità da farmelo percepire come una gran bella affabile persona.
Ma torniamo al Verri di Bonea. Sono trascorsi ormai quasi dieci anni da quell’opuscolo, venti dalla morte di Verri, maggio 1993. L’ho ripreso in mano e me lo sono riletto. I contenuti – una sorta di regesto delle sei riviste fondate da Verri – sono preceduti da un prologo, in cui Bonea parla dell’irregolarità del personaggio, che lui aveva avuto allievo all’Università di Lecce.
«Chi scrive – ricorda Bonea – lo ha avuto studente universitario ed ha, forse, la responsabilità di avergli fatto abbandonare l’università e a partire emigrante in Svizzera. Aveva una particolare concezione della letteratura, che nulla aveva di organico. All’esame che egli sostenne di Storia della letteratura moderna e contemporanea, ignorava del tutto il programma svolto per le lezioni.[…]. Non si laureò mai». 
Da docente, quale sono stato per quarant’anni, non posso non essere d’accordo con Bonea. La scuola è fatta di programmi, di contenuti da studiare e dimostrare di conoscere, di prove scritte e orali, un universo di regole, di scadenze ineludibili e indifferibili. Chi, per sua natura, è fuori da quell’ordine a scuola vive le pene dell’inferno. Verri, ad un certo punto, volle farla finita; lasciò l’Università e se ne andò a conoscere il mondo in ogni altra sua dimensione che non fosse quella degli odiati piani scolastici. Finì in Svizzera, a lavorare come tanti altri emigranti salentini.
Una più o meno simile esperienza la visse Salvatore Toma al Liceo “Capece” di Maglie, dove il prof. Claudio Micolano – severo professore di Italiano, Latino e Greco – non poteva tollerare nella scrittura dei temi la forma scorretta dello studente-poeta. Si dice: ma perché la scuola non comprende simili soggetti? Per la natura stessa della scuola, che è fatta – come si diceva – di regole. Gli sregolati o irregolari, che dir si voglia, per quanto geniali, sono incompatibili.
Bonea, pur avendo per la poesia e la narrativa postmoderna, in cui Verri scrittore sarebbe stato inserito dai critici, nella sua funzione di docente non poteva non valutare Verri se non per le conoscenze di un programma. 
Forse Bonea, parlandone qualche anno dopo per ben altra ragione, sarebbe potuto entrare subito in medias res senza sottolineare la di lui pregressa esperienza negativa. Anche perché sul Verri fondatore e direttore di riviste c’era già tanto da dire.
Il fatto va visto e spiegato in un contesto diverso. Verri – ma non è il solo nel panorama salentino e meridionale – ha espresso con le sue esperienze editoriali e i suoi scritti, a prescindere dal valore – un aspetto di tipo classista degli intellettuali-scrittori. Egli aggiunse alle dialettiche antinomie poveri-ricchi e proletari-borghesi, quella di intellettuali privi di mezzi e intellettuali con abbondanza di mezzi, rivendicando la partecipazione dei primi per rompere un dominio di “classe”, altrimenti appannaggio esclusivo dei secondi.
Calzante o meno questo schema, di chiara derivazione marxista, sta di fatto che è riscontrabile in gran parte del Salento e forse di tutto il Meridione a partire, in crescendo, dalla metà del Novecento. Si tratta di un fenomeno diffuso da analizzare con gli strumenti propri della sociologia politica. E’ un aspetto importante della trasformazione antropologica che ha caratterizzato e travagliato l’esistenza per secoli delle classi povere, che con la crescente alfabetizzazione sono passate dalle forme orali a quelle scritte della loro comunicazione, fino alle opere letterarie vere e proprie.  Non c’è paese del Salento in cui non esista un Salvatore Toma o un Antonio Verri, forse non sempre alla stessa altezza, ma sempre con lo stesso intento di imporsi in un mondo dal quale spesso si viene esclusi o respinti. La grammatica, la sintassi, la consecutio, i contenuti regolari, a cui la scuola, ovvero la “classe dominante”, si appella per giustificare l’esclusione, sono per questi poeti e scrittori le barriere architettoniche che impediscono l’accesso ad un portatore di handicap. Ma essi, le barriere formali dell’espressione, le possono violare e le violano. Il diritto di esprimersi e di far sapere agli altri i loro pensieri, le loro idee, le loro forme di comunicazione ha il sopravvento su tutto.
Perché io che non ho i mezzi non devo esprimermi, farmi conoscere e magari valgo anche più di te che hai i mezzi e tutto quello che serve per avere il successo? Ecco la domanda che i vari Verri si pongono. E Antonio Verri organizzava riviste per creare spazi e metterli a disposizione di quanti volessero esprimersi, a prescindere dalle regole e qualche volta perfino a loro dispetto.
Probabilmente Bonea, scegliendo il Verri “uomo-rivista”, volle ribadire la bocciatura dell’ ”uomo-scrittore”. E questo agli amici di Antonio non è mai andato giù.

Gigi Montonato