La copertina del numero di Marsia (Progedit - Bari) dedicato a Verri a cura di Salvatore Francesco Lattarulo |
di Alessandra Peluso
Permanere nell'indifferenza e vagare nella superficialità sarebbe
stato per Antonio Verri un sacrilegio, un'altra morte non parlare della
poesia, della cultura e della sua fondamentale importanza. Per questo e
per molti altri motivi non potevo non soffermarmi a leggere la rivista “Marsia. Variazioni poetiche”,
pubblicata da Progedit, dedicata ad Antonio Verri, alla sua personalità
e alla forte mancanza sentita in particolar modo dalle persone che lo
hanno conosciuto.
Il numero della rivista è curato dalla sensibilità di Salvatore
Francesco Lattarulo, attonito quando scopre che nel paese natale del
poeta - Caprarica di Lecce - non ci sia nulla di dedicato a lui: una
statua, un busto, una via. Forse non c'è tanto da meravigliarsi, forse
ad Antonio Verri non avrebbe fatto piacere non amando l'apparire,
l'ostentazione ma sarebbe stato contento se il suo nome fosse stato
utilizzato per unire gli uomini, gli amici, i lettori in nome della
poesia e della cultura.
A tal proposito si legge: «Cominciate, poeti, a spedire fogli di
poesia / ai politici, gabellieri d’allegria, / a chi ha perso l’aria di
studente spaesato / a chi ha svenduto lo stupore di un tempo … », perché
- scrive Stefano Donno - sia di stimolo alle nuove generazioni che
pubblicano e creano, che sia un monito al recupero dello stupore forse,
dell’onestà intellettuale meglio. Su questa grande personalità a Lecce è
sorto “Il Fondo Verri” curato da Mauro Marino e Piero Rapanà: luogo
davvero unico di leggende e scritti di e su Verri se ne possono trovare
con discreta generosità. (p. 34). E come dar torto a Donno che conosce e
ama profondamente la poetica verriana e la storia della poesia
salentina.
Ed ancora nell'intervento di Sergio Torsello si legge: «La scrittura
di Verri era una scrittura verticale, addirittura vertiginosa. Perché
poggiava su radici solide e profonde. L’esatto contrario, insomma, di
una scrittura orizzontale». (p. 32). Numerosi gli interventi e le
testimonianze contenute in questo numero di “Marsia” come quello ad esempio di Maurizio Nocera, Carlo Alberto Augieri, Salvatore Colazzo, Antonio Errico.
È evidente l'entusiasmo, l'affetto, la stima e l'estrema cura nei
riguardi di Antonio Verri che avrebbe meritato che il paese cambiasse
nome in suo onore: «Io stesso, da tempo, sto cercando di dare corpo
all’idea di Vittore: far diventare Caprarica di Lecce “Caprarica del
poeta”». (Fernando Bevilacqua, p. 61). Senza alcun dubbio è stata una
fortuna conoscere personalmente Verri, e un dolore acuto perderlo e
forse anche per questo, per tentare di colmare questo vuoto, un'assenza
nella letteratura salentina e nazionale che merita oggi di esserci non
soltanto per poesie meravigliose, scritti come il “Declaro”, “Il pane
sotto la neve” che occorre salvare dall'oblio, ma per l'onestà
intellettuale che apparteneva ad Antonio Verri, il senso di umanità. Va
salvaguardato e diffuso tutto: essenza ed esistenza, uomo e scrittura.
Si legge: «Non c’era pensiero, non c’era visione, neppure l’attimo di
un giorno che non si trasformasse in scrittura. Le creature, i
paesaggi, un batticuore, i fondali dell’esistere, un pulviscolo dorato,
il padre, la madre, gli amici, le tenere malinconie, le lucide
ossessioni, per Antonio Verri non erano altro che pretesti per versi,
narrazioni. Forse come Zarathustra di Nietzsche pensava: aspiro forse
alla mia felicità? Io aspiro alla mia opera». (Antonio Errico, p. 68).
Un personaggio articolato e complesso, visse molto intensamente e
generosamente, profuse immense energie per costruire un mondo poetico da
abitare. Visse poeticamente e morì tragicamente - scrive Salvatore
Colazzo - riprendendo il ruolo che la poesia aveva per l'amico Verri e
parimenti sia oggi dopo vent'anni: «la poesia è fiamma che consuma, è
l’incontenibilità della vita che esonda e produce parole come fossero
eruzioni laviche». (p. 82).
Ispirazione e modello di una necessità di dire e di dirsi
incontenibile, passione esaustiva pervade il lettore che resta
totalmente rapito dalla magnificenza raccontata in “Marsia”.
Contributi che devono essere centellinati come versi, letti, meditati e
poi sperare di riconoscere e condividere con l'altro, gli altri lo
stesso amore spregiudicato che Antonio Verri ha avuto per la poesia
sofferta, vissuta in ogni particolare, dettaglio, nulla è stato lasciato
al caso per Verri nemmeno la morte.
Conoscere e diffondere per quanto sia possibile la produzione
verriana è un atto di generosità che spetta non solo ai salentini ma
agli italiani tutti, un modo per ringraziare chi per la cultura ha
dedicato una vita intera senza profitti né lucri né fini egoici, uno
spirito cosmopolita da assumere come modello e dal quale attingere.
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