La copertina del libro edito nel 2003 da "il laboratorio" di Aldo D'Antico a Parabita |
Antonio Antonio,
o dell'amicizia
di Alessandra Peluso
Nostalgia, affetto, ammirazione emergono in “Antonio Antonio, o dell'amicizia” di Maurizio Nocera nei confronti di Antonio Verri.
Uomini che hanno condiviso l'amicizia, ma soprattutto l'amore per la cultura, la libertà nella conoscenza, in un sapere non accademico né vincolato in mura pregiate ma sconfinato, in un sapere profondamente impegnato. Così com'era Antonio Verri, poeta salentino, impegnato, che il professore Nocera e molti suoi amici hanno tenuto vivo il ricordo. Emblema di umanità, vi è costantemente e con zelo la volontà di diffondere le vastissime opere verriane e in particolar modo il suo essere poeta.
Per comprendere la grandezza di Verri è necessario leggerlo e accostarsi da vicino al suo pensiero, alla vasta mole di versi liberi, sciolti da ogni artificio e faziosità, liberi di essere espressione di se stesso, liberi da catene e padroni, perché il poeta non amava vincoli né compromessi. Ha tentato di insegnare la passione verso la poesia e la cultura, amando intellettuali dediti al sapere, coinvolgendo i giovani in un impegno sociale per un cambiamento.
Lo crede lo stesso Nocera che in “Antonio Antonio, o dell'amicizia” scrive versi dedicati a Verri, narra episodi che coinvolgono il poeta come si legge nella bellissima “Castra Minervae”: «Dondolavi dolcemente sul tuo splendido cavallino bianco / ricordo di luoghi di tempi lontani, / forse i più belli, forse i più cari / curlandoti fra le grosse mani / i magici Canti orfici di Campana». (p. 45).
Risuona incessante l'eco del passato che non si può né si deve dimenticare. Vige imperante la stima e l'affetto verso un uomo che nonostante gli sforzi non è ancora conosciuto e non ha i meriti che dovrebbe. Forse Antonio Verri da persona schiva ed umile com'era non avrebbe amato orpelli o riconoscimenti, ma senza dubbio avrebbe apprezzato la voglia di condividere con entusiasmo la poesia, la scrittura: strumenti infallibili che indicano libertà, intelligenza e onestà intellettuale. Occorre prendersi cura di Verri e Maurizio Nocera lo sa bene, e ad oggi continua a farlo in segno di un'amicizia che ha il sapore dell'eterno.
Mentre nei versi dell'autore si avverte tutto l'odore di una terra salentina amara, gravida di “ritmi transmatici di un Salento rosso di fuoco”.
Veleggia passione, solitudine, nostalgia, rimpianti, malinconia, un passato che Maurizio Nocera mantiene vivo e alimenta con significativi sensi e significati che la poesia esprime.
Leggere “Antonio Antonio, o dell'amicizia” provoca tutto e il contrario di tutto, la memoria e l'oblio, la gioia e il dolore, la bellezza e la meschinità, l'aridità e la fertilità di un'identità forte e fragile allo stesso tempo come quella di Antonio Verri. Immergersi nei versi del professor Nocera è d'obbligo, è un atto dovuto a chi ci ha lasciato ma soltanto fisicamente ed è altrettanto opportuno ricordare la produzione letteraria di Verri, gran parte in luce grazie al lavoro dei suoi fedelissimi amici ma ancora tanto deve essere conosciuto, perché un eclettico e poliedrico come Antonio Verri non si stancava mai di diffondere il sapere e intrecciare amicizie - quelle vere - che oggi purtroppo mancano o son rare.
Antonio che sognava e amava che gli altri sognassero, “Antonio caput mundi” come lo definisce degnamente l'amico Maurizio: «Mi parve di vederti / in un'aura di luce / al tepore della pietra nascosta / ai piedi di Torre sant'Emiliano / dalle parti di nostra Magna Mater. / Era la luce, / Antonio, / poi venne il buio / per sempre». (pp. 109-110). Non permettiamo che questo buio resti fitto e denso, immobile e insensibile alla luce, ma anzi cerchiamo di penetrare nel mondo incantevole di Antonio Verri, nella sua illimitata sensibilità, lasciando affondare i versi taglienti e vivi di “Antonio Antonio, o dell'amicizia” perché giungano senza impedimento alcuno nella mente e nell'anima di ognuno di noi, di un lettore che non abbia a confrontarsi con il rimorso di non aver conosciuto Antonio Verri o con il rimpianto di non aver fatto qualcosa per lui.
E per tal motivo Maurizio Nocera - che non ama definirsi poeta - scrive in versi come necessità prioritaria di far ascoltare le “voci” poetiche di Antonio Verri e Salvatore Toma: i Poeti che non si può non ascoltare, non amare!
Nostalgia, affetto, ammirazione emergono in “Antonio Antonio, o dell'amicizia” di Maurizio Nocera nei confronti di Antonio Verri.
Uomini che hanno condiviso l'amicizia, ma soprattutto l'amore per la cultura, la libertà nella conoscenza, in un sapere non accademico né vincolato in mura pregiate ma sconfinato, in un sapere profondamente impegnato. Così com'era Antonio Verri, poeta salentino, impegnato, che il professore Nocera e molti suoi amici hanno tenuto vivo il ricordo. Emblema di umanità, vi è costantemente e con zelo la volontà di diffondere le vastissime opere verriane e in particolar modo il suo essere poeta.
Per comprendere la grandezza di Verri è necessario leggerlo e accostarsi da vicino al suo pensiero, alla vasta mole di versi liberi, sciolti da ogni artificio e faziosità, liberi di essere espressione di se stesso, liberi da catene e padroni, perché il poeta non amava vincoli né compromessi. Ha tentato di insegnare la passione verso la poesia e la cultura, amando intellettuali dediti al sapere, coinvolgendo i giovani in un impegno sociale per un cambiamento.
Lo crede lo stesso Nocera che in “Antonio Antonio, o dell'amicizia” scrive versi dedicati a Verri, narra episodi che coinvolgono il poeta come si legge nella bellissima “Castra Minervae”: «Dondolavi dolcemente sul tuo splendido cavallino bianco / ricordo di luoghi di tempi lontani, / forse i più belli, forse i più cari / curlandoti fra le grosse mani / i magici Canti orfici di Campana». (p. 45).
Risuona incessante l'eco del passato che non si può né si deve dimenticare. Vige imperante la stima e l'affetto verso un uomo che nonostante gli sforzi non è ancora conosciuto e non ha i meriti che dovrebbe. Forse Antonio Verri da persona schiva ed umile com'era non avrebbe amato orpelli o riconoscimenti, ma senza dubbio avrebbe apprezzato la voglia di condividere con entusiasmo la poesia, la scrittura: strumenti infallibili che indicano libertà, intelligenza e onestà intellettuale. Occorre prendersi cura di Verri e Maurizio Nocera lo sa bene, e ad oggi continua a farlo in segno di un'amicizia che ha il sapore dell'eterno.
Mentre nei versi dell'autore si avverte tutto l'odore di una terra salentina amara, gravida di “ritmi transmatici di un Salento rosso di fuoco”.
Veleggia passione, solitudine, nostalgia, rimpianti, malinconia, un passato che Maurizio Nocera mantiene vivo e alimenta con significativi sensi e significati che la poesia esprime.
Leggere “Antonio Antonio, o dell'amicizia” provoca tutto e il contrario di tutto, la memoria e l'oblio, la gioia e il dolore, la bellezza e la meschinità, l'aridità e la fertilità di un'identità forte e fragile allo stesso tempo come quella di Antonio Verri. Immergersi nei versi del professor Nocera è d'obbligo, è un atto dovuto a chi ci ha lasciato ma soltanto fisicamente ed è altrettanto opportuno ricordare la produzione letteraria di Verri, gran parte in luce grazie al lavoro dei suoi fedelissimi amici ma ancora tanto deve essere conosciuto, perché un eclettico e poliedrico come Antonio Verri non si stancava mai di diffondere il sapere e intrecciare amicizie - quelle vere - che oggi purtroppo mancano o son rare.
Antonio che sognava e amava che gli altri sognassero, “Antonio caput mundi” come lo definisce degnamente l'amico Maurizio: «Mi parve di vederti / in un'aura di luce / al tepore della pietra nascosta / ai piedi di Torre sant'Emiliano / dalle parti di nostra Magna Mater. / Era la luce, / Antonio, / poi venne il buio / per sempre». (pp. 109-110). Non permettiamo che questo buio resti fitto e denso, immobile e insensibile alla luce, ma anzi cerchiamo di penetrare nel mondo incantevole di Antonio Verri, nella sua illimitata sensibilità, lasciando affondare i versi taglienti e vivi di “Antonio Antonio, o dell'amicizia” perché giungano senza impedimento alcuno nella mente e nell'anima di ognuno di noi, di un lettore che non abbia a confrontarsi con il rimorso di non aver conosciuto Antonio Verri o con il rimpianto di non aver fatto qualcosa per lui.
E per tal motivo Maurizio Nocera - che non ama definirsi poeta - scrive in versi come necessità prioritaria di far ascoltare le “voci” poetiche di Antonio Verri e Salvatore Toma: i Poeti che non si può non ascoltare, non amare!
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