sabato 26 agosto 2017

La Festa di Sant'Oronzo del 1981 raccontata da Verri


QUOTIDIANO DI LECCE 26 AGOSTO 1981


L'altra faccia della festa. La tre giorni di S.Oronzo 
di ANTONIO VERRI


Tutto sotto il segno dello spettacolare.

E' questa festa dei Tre Santi, puntuale da trecent'anni e più, sembra davvero un'occasione speciale, molto provinciale, narcisistica e devotamente beota, per celebrare questo fine agosto salentino, meglio leccese, che il cattivo tempo ed un cielo non molto amico rendono ancora di più fosco e poco rassicurante.
Pare che tutto sia da apportare allo sbarco, una bella mattina d'agosto, di Giusto ad Otranto, o a quel morbo così tanto manzioniano che è la peste. Da aggiungere, poi, per completare il quadro, la paura dei terremoti o di altre calamità naturali. Ora è un'impresa davvero favolosa cercare di spiegare al leccese di oggi, come a quello di trecento o solo cinquant'anni, che lo sbarco di Giusto ad Otranto o a San Cataldo è solamente una leggenda, e che su quella leggenda si sono poi innestate, a furor di popolo e di preti, decine di altre favole e tavolette. O che il bubbone della peste del 1600 o del 1700 qui non attaccò perché il raggio di ammorbamento, com'è naturale, deve avere i suoi confini. O che dai terremoti ci siamo sempre parati perché pare, appunto, che la struttura della nostra crosta terrestre tenga un po' di più.  E che, semmai, volendo per forza guardarci da qualcosa, altri sarebbero i cataclismi, altro il puzzo, altro il fetore. La peste. Comunque siamo sulla buona strada visto che la Tre Giorni non pullula solo di Patiti e di Venditori D'Aringhe, ma è attraversata da un mare azzurrino di jeans e dalla presenza, stavolta lievemente pagana, di turisti divertiti (le loro feste, di là durano settimane e sono feste davvero popolari e celebranti la gente e la sua fisicità). Ma si sa, questa festa di fine estate (arriva dopo tutti gli incontri festaioli dei paesi intorno) fatta soprattutto per celebrare tutti i Patiti dell'Ozio e della Battuta, gli appassionati raccoglitori di almanacchi, le Dolci Vanità delle Belle Signore, voluttà, profumi, “servole” arrostite, lazzi e intrallazzi, Cariche Pubbliche.


Il leccese è proprio in questi giorni che rafforza il suo bel temperamento di conservatore. E' proprio in questi giorni che, tra discorsi e salacità, inneggia al suo bel passato, ai cunti, alla cupeta. ai Personaggi di ieri, in panciolle, fumettari, bottegai protagonisti di radiose e festose passeggiare su è giù per Villa Garibaldi. Come pure bottegaio e fumettaro è da considerare chi avalla tutto questo con fini ben precisi, sempre di conservazione o per non rompere una frittata che dura da molto ormai: un ottuso cronista cittadino, per esempio, che vede nel nostro atteggiamento solo snobismo o qualunquistiche disquisizioni.
Ma la Grande Festa continua. E per arrivare a dirvi qualcosa ci siamo lasciati coinvolgere, a bella posta, un lunedì mattina caldo e colorato. Sapete. I nostri soliti discorsi un po’ barocchi! Un numero incredibile di bancarelle, quasi un serpente multiodore e colore, copre ogni angolo di S, Oronzo. Stesso discorso per tutto Corso Trinchese fino a viale Lo Re. Prodotti d'ogni sorta, bancarelle grosse e piccole, corbellerie d'ogni genere dette dagli imbonitori a noi bovi; crestucce colorate, napoletani e baresi, mercanti del posto qui convenuti in odore di grossi affari; turisti che passano, ridono, e tirano avanti, qualche borseggiatore tra la folla, grosse e piccole macchiette, molti clic, molti trips e patatrac. Saremmo anche tentati di darvi un elenco di tutti i' prodotti presenti. Ve lo risparmiamo. Vi basti la nostra simpatia per i canditi di Nunzio Spampinato e per i venditori di specchi. Sono in tanti! Ci avviciniamo al palco di centro - piazza. L 'aria calda ammorbata da più profumi ci carezza in volto come madre dolciastra e voluttuosa. Aspettando che la banda di «Gioia del Colle» (veramente aspettando il suo maestro, che arriva dopo un bel po'. Anche seccato) dia man a qualcosa, ci siamo trovati tra i soliti Patiti che si lamentano «perché qua ci vorrebbe doppio concerto bandistico (uno sale e l'altro scende)». Straparlano, male naturalmente della DC con puntatine agli uItimi avvenimenti di Libia. Ovvero mescolamenti e rimescoamenti, nostalgici ricordi («quanto abbiamo dato per Tripoli!»), commozioni di coccodrillo su «come siamo stati e come siamo adesso». Si parla male della DC. Arriva il Maestro, ricomincia... la musica e tutto conte prima. 
Vi dicevamo dei giovani, pimpanti e scollacciati, noncuranti che si muovono tra i palazzi e le chiese in ascolto, come un mare azzurrino tra lente e voluttuose folate di buoni canditi e formaggio fresco, peperoni fritti e Assessori Lessi. Puntuali da sempre, anche i giornaletti festaioli che nessuno compra (dovrebbero comprarli i Patiti, ma hanno l'intera piazza per le loro cronache!) ma che crescono ogni anno, a scapito della qualità naturalmente. La sera ci aspetta la «Lucia» di Donizetti, in piazza Duomo. E quando noi arriviamo, col buio, nel cortile del Vescovato quello che ci troviamo davanti è veramente uno slargo slavato con l'interno del Campanile illuminato e gli «elementi» del maestro Vitale fradici e sacrileghi. Ci si rivede.



Intanto, come uscito dai sotterranei della Cattedrale. con quella sua sincerità un po' buffa e un po' scontrosa, viene avanti Eduardo De Candia. E' immenso. Sembra davvero un guerriero di Riace. Passiamo con lui l'ultima mezz'ora di questo primo festivaliero. Una tornata non certo eccezionale. con questo tempo che minaccia di mandare all'aria anche la seconda serata. I commercianti sono intanto più scuri del solito.

I prezzi e la pioggia impediscono che almeno questo aspetto della Tre Giorni funzioni. Chi non sarà per niente impedito sarà invece l'Arcivescovo Mincuzzi che, senza macchia o paura di bagnarsi col suo nuovo calice d 'argento (ci pensò il Comune di Lecce a suo tempo: cifra stanziata un milione e mezzo) con tutti, o quasi tutti, i Leccesi in processione, celebrerà il rinnovato prodigio dell'allontanamento dell'antico fetore.

Ma e il nuovo?



Antonio L.Verri

martedì 14 febbraio 2017

A Caprarica di Lecce per il 68° compleanno



Sentiamo necessario dare nuova linfa e memoria alla vita, alla militanza culturale e all’opera letteraria del poeta Antonio Leonardo Verri, nel suo paese natale, Caprarica di Lecce che lo vide nascere il 22 febbraio 1949 da Filomena e Raffaele. Nel 2017 avrebbe compiuto 68 anni.
Antonio Leonardo Verri scrittore, giornalista, operatore culturale, è stato uno degli intellettuali salentini più importanti e prolifici nel periodo compreso fra i tardi anni Settanta e i primi Novanta del Novecento. La sua opera è attualmente al centro di una riscoperta che coinvolge non solo docenti e ricercatori universitari interessati ad avviare un processo di adeguata sistemazione critica, ma anche scrittori, artisti e critici militanti che gli hanno reso omaggio attraverso incontri, dibattiti, letture pubbliche di testi anche inediti, spettacoli teatrali ispirati dalle sue opere, mostre, ecc.
Verri, attraverso la frenetica sperimentazione stilistica che caratterizza le sue opere e il dibattito da lui stimolato nelle numerose riviste di cui fu promotore, è stato il primo scrittore a introdurre nella letteratura salentina le istanze del postmodernismo su cui ci si iniziava a confrontare a livello nazionale e internazionale, con l’evidente obiettivo di aggiornare e di far interagire la nostra tradizione letteraria con i più vitali fermenti culturali dell’epoca. L’attività di Verri si caratterizza, inoltre, per la costante valorizzazione della cultura locale, sia attraverso l’infaticabile promozione di artisti salentini – scrittori, pittori, musicisti già noti o emergenti – sia attraverso lo studio di vicende e fenomeni caratteristici della nostra storia e del nostro patrimonio culturale.
Il 9 maggio del 1993, un incidente stradale lo tolse alla vita e alla sua famiglia e ai suoi tanti sodali, divenuti orfani di quel Naviglio che tutto poteva contenere.

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Il Fondo Verri accogliendo la volontà - e in accordo - con lAmministrazione Comunale di Caprarica di Lecce di costruire un progetto duraturo dedicato alla figura umana e letteraria del suo illustre concittadino mette in cantiere un ciclo di iniziative.

Primo e doveroso atto sarà l’intitolazione di una scuola ad Antonio L. Verri, poeta” e l’istituzione di un annuale premio di poesia rivolto alle generazioni più giovani a cura del poeta Antonio Cotardo.

Il 22 febbraio, il primo appuntamento: le scuole di Caprarica saranno scena di lezioni - spettacolo sulla scrittura e il lavoro culturale del poeta. Con la presentazione ai dirigenti scolastici, ai docenti e agli alunni della prima edizione del “Premio Fogli di poesia” che sarà rivolto, solo per il primo anno, alle scuole di Caprarica per poi aprirsi all’intera provincia e alla Regione Puglia e in prospettiva associarsi al “Concorso Internazionale Matiah Eckhard” di Montpellier (Francia) destinato ai giovani poeti e compositori dai 12 ai 25 anni.

Nella serata il concerto - recital di presentazione delle ultime due pubblicazioni curate dal Fondo Verri: “La Cultura dei Tao” audio libro ispirato alla cultura contadina e magica del Salento e Jurnal”, il diario privato dello scrittore singolare cronaca del lavoro culturale negli anni Ottanta a Lecce e nella provincia salentina.
  
Nuovo appuntamento il 25 aprile 2017 in occasione dell’annuale “Fiera di San Marco, con la premiazione delle poesie del concorso “Fogli di poesia” e l’affissione per le strade di Caprarica dei manifesti con le poesie del concorso. L’appuntamento sarà chiuso da un recital poetico – musicale a cui parteciperanno poeti e musicisti salentini.

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Nota sul concorso di poesia
"Fogli di poesia per Antonio L. Verri
Rivolto agli alunni delle scuole primarie secondarie di primo grado

È dedicato ad Antonio L. Verri il concorso “Fogli di Poesia indetto dall’Amministrazione Comunale di Caprarica di Lecce e dall’Associazione Culturale Fondo Verri per la cura del poeta Antonio Cotardo.

Il concorso è rivolto agli alunni delle scuole primarie e secondarie di primo grado per far conoscere la figura e l’opera di Antonio L. Verri ai suoi concittadini. Il Concorso ha la finalità di promuovere la riflessione sull'importanza delle relazioni umane attraverso l’idea di una poesia coinvolta con la vita e attraverso l'elaborazione di testi poetici sui valori della libertà, dell’identità, della cultura contadina, dell’integrazione, dell'educazione.
Si intende stimolare la sensibilità degli alunni verso forme di solidarietà attiva e creativa. Particolare accento sarà posto sulla comprensione della partecipazione nel superare il pregiudizio e le barriere culturali che ancora segnano le diverse abilità.
Si mira in tal modo ad aumentare il grado di propensione solidale dei minori verso gli altri. Si mira altresì a far nascere nei minori il desiderio di agire secondo una “cultura solidale”; si cerca cioè di ispirarli a diventare, ognuno a suo modo, testimoni di piccole forme di solidarietà.


venerdì 8 luglio 2016

La prima presentazione del Journal di Antonio L. Verri






Venerdì 8 luglio, alle 20.00,
Nel cortile del Conservatorio Sant’Anna
(in via Santa Maria del Paradiso) a Lecce, verrà presentato

“Journal” di Antonio Leonardo Verri
edito da Spagine a cura di Maurizio Nocera e Mauro Marino


 
La recensione di Teo Pepe che annuncia la presentazione su Quotidiano di Lecce di venerdì 8 luglio 2016
Sarà presentato - venerdì 8 luglio, alle 20.00, nel cortile del Conservatorio Sant’Anna, a Lecce - il “Journal” di Antonio Leonardo Verri (Caprarica di Lecce, 22 febbraio 1949 – 9 maggio 1993) curato, nell’edizione di Spagine, da Maurizio Nocera e Mauro Marino. Con i curatori interverranno l'Assessore alla Cultura del Comune di Lecce Luigi Coclite, il poeta e critico letterario Simone Giorgino e la studiosa Carolina Tundo per un piccolo report sullo stato attuale del Fondo Pensionante de' Saraceni di Cursi.

Il diario “segreto”, sul quale Verri scriveva le sue amarezze, difficoltà di vita, dispiaceri, sofferenze, disperazioni. Va dal 7 ottobre 1983 all’8 luglio 1992, cioè a nove mesi dalla sua morte con un’interruzione dal 12 febbraio 1986 al 17 giugno 1992. Nei cinque anni mancanti Verri annota le sue riflessioni su interventi che pubblica ora sui suoi giornali ora su altre riviste, altri giornali. Sulle pagine di questo Journal è possibile leggere qualche contrarietà verso qualcuno, ma sempre Verri, anche in questi casi, lo fa con comprensione poetica. Non va mai sul terreno dell’offesa personale.

Giorni travagliati, mai facili. Scrive nella prima pagina della sua agenda Antonio Verri: “Pare proprio che di un Jurnal non se ne possa fare a meno. Per un po’ ho resistito. Ma poi… Affascina, come sempre, la pagina o il posto che, guarda guarda, è unico, è necessario: mah! L’arsura, poi, per lo scritto: tanti bei righi uno sotto l’altro (l’ardore si aggiunge all’arsura), la possibilità di andare a braccio, il tempo che sai che azzanna il narciso che sei, eccetera: ma siamo pronti di nuovo a l’aldesso, la biffa de li capi, nascosta dio sa dove, che nasconde a sua volta oscure tavole, segni sui testi da decifrare, parole mai scritte ma dio sa quanti misteri…, fede che non avrai ma che puoi avere di scrittura s’intende. Che altro mai?”.
Pagine utili per comprendere quale era il clima del fare culturale negli anni Ottanta - Novanta, nel Salento in una dimensione molto diversa da quella a noi contemporanea. Avventure, progetti, scazzi, malumori, entusiasmi... su tutto domina, la grande inquietudine che sempre lo accompagnava, generatrice del suo fare, maestra e guida della sua arte, della sua inesauribile costanza. Scrive Maurizio Nocera nella sua introduzione: “Verri amava scrivere. Immensamente. Non c’era giorno che la sua penna riposasse un po’. Amava scrivere e affastellare carte, giornali, immagini, storie che non avevano mai fine. Un universo infinito il suo. Sconfinamento in un cielo più alto di quello visibile. Non sbaglia chi scrive che Verri era un intellettuale artigiano o, se qualcuno crede meglio, un artigiano intellettuale, e questo nel vero senso letterale. Per scrivere Egli sognava e, nel sogno, creava una miriade di immagini, che poi si fondevano in versi, o in una prosa poetica dolce e pura. La sua scrittura era una sorta di tela di Penelope, ma anche un arazzo sul tipo di quello di Aracne, tanto decantato da Ovidio nelle sue Metamorfosi, dove la forma e i contenuti tuttora restano misteriosi come [ancora per molti versi] misterioso resta il percorso poetico del poeta di Caprarica di Lecce”.